Voucher: numerologia di un “contratto” (1/2)

Ogni volta che sento parlare di una soglia, mi viene in mente questo video, tratto da Presa Diretta, in cui in meno di tre minuti Guy Abeille, funzionario del Ministero delle Finanze francese, spiega l’origine di una delle soglie più famose: quel 3% del rapporto Deficit/PIL che i Paesi europei si affannano a non superare.

Quando aveva poco più di trent’anni, spiega l’economista, una chiamata dall’Eliseo avvisa che il Presidente Mitterand aveva bisogno di un numero che fissasse un tetto alla spesa pubblica. Non una teoria economica, ma un numero. Il giovane Abeille, allora, in poco meno di un’ora prende in esame le principali misure disponibili, tutte troppo complesse. Ma poi pensa al deficit. Prende quello di quell’anno in Francia, lo mette in relazione al PIL francese, ed ecco venir fuori il 3%: «abbiamo la formula, disse al suo capo Pierre Bilger, è il 3%».

Quando dieci anni dopo, nel 1991, a Maastricht ci si interroga sulle norme che avrebbero fatto l’Unione Europea, Trichet, ministro delle finanza francese, spiega che in Francia la soglia del 3% stava funzionando.

È così che il 3% diventa il numero che giustifica i tagli alla spesa pubblica e dà una delle forme numeriche a quel “ce lo chiede l’Europa” che spesso sentiamo.

Tutti i giorni abbiamo a che fare con soglie simili. L’ISEE che ci viene chiesto per avere accesso ad alcuni servizi pubblici; il numero di km oltre i quali si deve fare la revisione di un mezzo; qual è la temperatura corporea che devo avere per ottenere una visita a domicilio; le fasce di reddito per la progressività delle imposte, il numero di articoli che devo pubblicare su un certo tipo di rivista per sperare in contratto di lavoro con l’Università… e così via. Ogni volta che mi trovo costretto a confrontare ad una qualche scala una parte della mia vita, mi chiedo come sia nata quella soglia e ripenso al giovane Abeille, ma anche a tutti quelli che si sono affannati a dare un significato scientifico al suo numero magico.

Inutile dire che è stata questa la prima cosa che ho pensato quando ho letto il testo dell’emendamento 54-bis alla cosiddetta manovrina (Legge 4444). L’emendamento, a firma Di Salvo, Rotta, Tinagli e Rubinato, reintroduce il lavoro accessorio pagato a voucher, che lo stesso governo aveva abrogato per evitare il referendum abrogativo, rendendo ancora più forte, se possibile, la posizione delle imprese nei confronti dei lavoratori. Le imprese potranno, ad esempio, negare l’avvenuta prestazione fino a tre giorni dopo lo svolgimento1.

Ma vabbè, qui non voglio parlare di questo. Voglio parlare delle soglie, quelle sì che mi incuriosiscono.

La soglia dei 5.000 euro massimi che le imprese possono spendere in lavoro accessorio annualmente; i 5.000 euro massimi che ciascun prestatore può ricevere annualmente come retribuzione per prestazioni occasionali e così via, fino alla soglia più importante di tutte: quel tetto di 5 dipendenti a tempo indeterminato oltre il quale a un’impresa è vietato il ricorso al Contratto di prestazione occasionale.

Chissà se lo sanno che non basta scrivere “Contratto” su una norma per fare di quella norma un contratto. Mi chiedo…

E chissà perché quel “5 dipendenti a tempo indeterminato”, già usato in alcuni Contratti Nazionali per individuare il numero di contratti a Tempo Determinato che un’impresa può fare, dovrebbe essere indicativo anche per le prestazioni occasionali? boh…

Ma poi, quante saranno ‘ste imprese con meno di 6 dipendenti a tempo indeterminato? Parecchie, sì, quasi tutte, ma quante?

Di risposte a queste domande on line non c’è traccia (o almeno non l’ho trovata). Né alla prima, più complessa, né alle altre, presumibilmente più semplici. Dico presumibilmente perché, anche se a noi al di qua dello schermo non ne è arrivata notizia,  avranno fatto un minimo di dibattito interno. Mi dico. Spero.

Comunque, non mi abbatto e almeno all’ultima domanda, provo a rispondere da solo. Non sarò un genio della matematica, ma non ci vorrà molto. Per capire di che platea si sta potenzialmente parlando basterà prendere le imprese con meno di 6 dipendenti a tempo indeterminato, sottrarre le imprese edili, dell’estrazione e quelle dell’agricoltura, per cui valgono altre regole, moltiplicare per 5.000 che è il massimo di voucher acquistabili per ciascuna impresa, dividere per 2.500 per vedere il numero minimo di lavoratori che potranno essere coinvolti. Per rispondere basterà capire quante sono le imprese. Facile, è giusto per farmi un’idea, non ci vuole molto.

E invece no. Ci vuole moltissimo.

Apro il sito dell’Istat e mi butto sul censimento del 2011.  Dati vecchi, ma puntuali. Eppure nella sezione dedicata alla struttura delle imprese non arrivo a quel dato. Le dimensioni di impresa, infatti, molto dettagliate, sono bloccate sul numero di dipendenti e non posso scegliere che tipo di contratto deve caratterizzare la soglia. Maledetta soglia.

Cambio strategia, passo ai dati della struttura delle imprese (database ASIA). Questi sono del 2014, meglio. Certo è prima del JobsAct, ma più freschi del 2011. Qui c’è il numero di dipendenti a tempo indeterminato nelle imprese. Fuocherello, ma non fuoco, a me servono le imprese.

Cambio strategia. Sito di UnionCamere. Niente.

Cambio strategia. Registro delle imprese. Niente.

Cambio strategia. Sito dell’INPS. Niente.

Cambio strategia, nel frattempo sono passati due giorni, vado di persona all’ufficio territoriale di Bologna dell’Istat.

Bellissimo, ci sono un sacco di libri, pieni di numeri. I dipendenti sono molto gentili, ma mi spiegano che loro aiutano a fare le estrazioni solo dal sito internet: Se nel sito non c’è, allora non c’è.

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Scaffale Forze di Lavoro – Istat, ufficio territoriale di Bologna – non ho resistito

 

Cambio strategia, chiedo informazioni su come accedere al laboratorio ADELE, un posto dove puoi sederti e accedere ai database dell’Istituto di statistica e fare i tuoi calcoli. Certo servono autorizzazioni varie, ma credo di potermele procurare.

«No, mi spiegano, quello va bene se devi fare regressioni o robe che non puoi delegare ad altri, è l’ultima ratio. Prima di quello c’è il contact center».

Si paga, obietto io; Sì, conferma lei.

Vabbè, sono passati ormai giorni ed è già martedì, tanto vale tentare. Richiedo un preventivo per una tabella che mi indichi il numero di imprese per ciascuna delle seguenti classi dimensionali riferite ai soli dipendenti a tempo indeterminato: 0; 1; 2,4; 5; 6,9; 10,49; 50,249; 250 e più. Il tutto per ATECO a due digit (devo sottrarre le imprese edili e dei lapidei) e per Regione. Quest’ultima non mi serviva davvero, ma già che c’ero.

Mi rispondono in un paio d’ore, avvisandomi che i dati sarebbero stati del 2014 e che non sapevano se ne fossi al corrente.

Rispondo subito alla mail confermando la richiesta di preventivo.

Mercoledì mi arriva una nuova notifica in cui mi si avvisa che vista la mia conferma allora confermano anche loro, da Roma, a chi dovrà fare l’estrazione, di procedere.

Giovedì 1 giugno, ore 9, squilla il telefono. Non conosco il numero, non riconosco il prefisso, ‘sti cavoli, mi dico, ora caffè, e non rispondo. Dopo trenta minuti, di nuovo, ma stavolta rispondo.

Da uno degli uffici territoriali pugliesi un gentilissimo operatore mi chiede alcune delucidazioni rispetto alla mia richiesta. Con l’Istat si deve essere rigorosi e io non lo sono mai.

Se le classi richieste sono basate sul numero di dipendenti a tempo indeterminato, come fa ad esserci una classe “0”? Eh, rispondo io… che ne so? Lì ci andrebbero le imprese individuali, quelle senza addetti e senza dipendenti. Credo.
Sembriamo esserci capiti.

Dall’altra parte il ricercatore si scusa per non aver seguito il dibattito che gli avrebbe permesso di capire subito di cosa stessi parlando. Quel dibattito che non c’è mai stato, lo tranquillizzo io…

Ore 19:19 del primo giugno, domani è festa… niente preventivo.

Mi vado a cercare i costi delle vecchie interrogazioni fatte all’Istat… sono botte da 160 € più iva a richiesta… speriamo bene.

 

1. Per riparare a questa assurdità, prevista nell’Art. 18 dell’emendamento 54-bis, l’On. Di Salvo ha provveduto, con ODG del 31 maggio, a delegare all’INPS il compito di prevenire gli abusi… Tipo verificando i casi anomali a partire dalla frequenza del ricorso alla revoca. Un’altra soglia…

 

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