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Il vanto dell’inaccettabile: lavorare gratis per la Cineteca di Bologna

Qualche mese fa, era il 4 marzo, la Cineteca di Bologna ha lanciato l’appello per il reperimento dei volontari necessari alla realizzazione dei consueti festival di inizio estate. Dagli autisti agli elettricisti, dai video-maker ai grafici, non c’è mansione lavorativa che non venga riscritta in chiave volontaristica. Ecco perché, mettendo insieme l’Expo di Milano ai festival bolognesi, scrivevo che  da Milano a Bologna, la schiavitù inizia con la proposta.

Oltre a qualche reazione immediata, una settimana fa ho ricevuto una mail da Sofia, che ha partecipato proprio a uno di quei bandi. La pubblico così com’è, cogliendo l’occasione per tornare sull’argomento, anche perché se di risposte vere e proprie io non è che ne abbia, di elementi su cui ragionare ce ne sono molti.

Ciao,
sono approdata al tuo blog mentre cercavo in rete cose tipo “cinema ritrovato volontari sfruttamento” oppure “congresso fiaf 2016” e toh che mi compare il tuo articolo, miracolosamente. Mi dicevo ci deve essere qualcuno che ha notato che qualcosa non va, o forse nessuno sa quello che sta succendendo? oppure forse sono io la matta ed è tutto normale, d’altronde è VOLONTARIO, mica ti ci obbligano a farlo.
Ho compilato quel modulo in Aprile, sapendo che da giugno sarei rimasta senza lavoro, e piuttosto che niente ho pensato di fare comunque qualcosa, come dici tu, per uscire di casa, per sentirsi utili, si, non ci ho neanche pensato più di tanto, l’ho fatto superficialmente senza poi neanche la certezza che avrei partecipato.
sono stata “selezionata” eh, quale soddisfazione eh! vien da ridere, anzi da piangere!
che poi avevo compilato il modulo anche per il BIOGRAFILM  Festival, al quale poi non ho partecipato. ma veniamo al dunque perchè le cose da dire e le considerazioni su quello che sta avvenendo sono infinite.
Il dunque è che io non ci credo che sta avvenedo per davvero. sono stata alla riunione di tutti volontari, (chissà se c’eri anche tu, se poi avevi compilato il modulo) così per curiosare e mi si è aperto uno scenario raccapricciante, come già sapevo, lo sfruttamento legalizzato a tutti gli effetti, lo sfruttamento con il sorrisino: del tipo ti stiamo offrendo una grande possibilità, voi siete fondamentali.
Mi si drizzano i capelli in testa. Sconvolta, no ma sta avvenendo per davvero? O è solo un brutto sogno, un sogno venuto fuori male, distorto. Qui ti chiedono di LAVORARE GRATIS,  e devi essere pure contento, con tanto di TURNI. Io mi sento arrabbiata e presa in giro, ma non io Sofia, nel personale, io nel senso di umanità tutta. I ragazzi applaudivano come in trance e mi guardavo in giro pensando ” chissà se c’è qualcuno inorridito come me”.

È tutto legale, è tutto normale.

ma non si vergognano a chiedere alla gente di lavorare gratis? Ma cosa si può fare per smascherare questa grande farsa legalizzata mascherata magistralmente dall’enorme proiettore che per più di un mese offre film gratis alla cittadinanza in piazza maggiore in modo così fintamente democratico, nascondendo poi una feroce e subdola forma di sfruttamento, che a me, giuro , fa quasi paura.
la mail sta diventando eccessivamente lunga Gianluca, e mi scuso.
ma cosa sì può fare per contrastare, denunciare tutto questo o quantomeno renderlo altamente visibile?
confido in una tua risposta,
ciao
Sofia

Come dicevo, di risposte concrete non è che ne abbia davvero. Mi pare importante, però, riprendere uno degli elementi sollevati nella mail da Sofia e sul quale, invece, si potrebbe lavorare di più. Si tratta della questione della visibilità.

Il ricorso al volontariato per un ventaglio di attività sempre più ampio, infatti, non solo non è un segreto, ma, anzi, è considerato un elemento attrattivo nel senso del marketing territoriale. Si pensi alla candidatura di Milano per Expo nel 2007. Nel paragrafo 3.7 del documento preparato dal Comune di Milano, intitolato Solidarietà e volontariato, Milano è presentata come la capitale del volontariato e delle ONG. Si tratta di un punto significativo della candidatura, visto che lo stesso Bureau Internationale des Exposition specifica che la partecipazione della società civile è uno dei criteri di selezione, sia per una questione etica, sia – aggiungo – per una maggiore garanzia di pace sociale.

Il fenomeno è anche più evidente se estendiamo il ragionamento alle altre forme solidali di attivazione. Anche l’Istat, nel 2014, ha iniziato a parlare di effetto sostituzione del personale pubblico della sanità, con quello del privato sociale, vedi cooperative etc. E la riforma del Terzo Settore, approvata il 16 maggio scorso, sembra apra alla possibilità di un incremento delle attività considerate di interesse generale, così da ampliare le opportunità di ricorso a forme meno garantiste di occupazione.

Non solo, quindi, il ricorso massiccio alla manodopera gratuita o poco retribuita è un evidente occasione di risparmio per amministratori e enti privati che organizzano eventi più o meno culturali, ma è un vero e proprio vanto.

In questi giorni chi passeggia per Bologna vedrà un sacco di ragazzi vestiti di rosso muoversi di qua e di là per la città. Sono i volontari del Guerrilla Staff che tiene in piedi il Biografilm Festival. Come ogni anno a loro è dedicata la sigla del festival che apre ogni proiezione. In quella del 2015, 81 volontari gridano “evviva!” dopo aver spiegato che il loro sostentamento deriva da altre fonti e che se sono lì è solo per la propria passione.

La caccia alla manodopera gratuita non passa, comunque, solo per il volontariato. Lo stesso form di adesione permette, infatti, agli studenti dell’Unibo di attivare presso il biografilm il proprio tirocinio curriculare.

Come dicevo nel post rintracciato on line da Sofia, non ce l’ho con i volontari o con i tirocinanti. Tra gli studiosi che si occupano delle nuove forme di lavoro/sfruttamento, infatti, al netto degli accenti che ciascuno pone, c’è una certa unanimità proprio nel prendere in considerazione gli effetti perversi dell’ingiunzione alla soggettività che sottostà alle retoriche di coinvolgimento e di attivazione che caratterizzano questa fase del capitalismo. L’horror vacui che ha spinto Sofia a partecipare alla selezione, la ricerca di un’esperienza che aggiunga una riga al CV, sono – a mio parere – elementi di questo processo. Il lavoro non è negato, come avviene nel caso delle forme più classiche di sfruttamento, ma risemantizzato, in chiave soggettiva.

Quello che si può fare, allora, è riportare sul terreno collettivo quei significati. Senza questo, infatti, non vedo come i volontari, gli stagisti, i tirocinanti più o meno curriculari, potranno mettere in discussione il loro ruolo. D’altra parte ci sono voluti almeno un paio di decenni per far sì che lavorare per qualcuno diventasse in primo luogo un lavorare per se stessi, da fare anche gratis insomma, rendendo accettabile l’inaccettabile.

Ora si tratta di ribaltare quella prospettiva, mettendo in evidenza, ad esempio, i danni che quel modello di partecipazione contribuisce a creare proprio negli stessi settori che quei ragazzi, magari, pensano di valorizzare. I volontari che oggi rispondono alla domanda di lavoro delle imprese o delle fondazioni – e non ai bisogni e alle fragilità sociali -, infatti, non solo tolgono la possibilità di uno stipendio ad altri, ma negano ogni possibilità di eguaglianza delle opportunità per quei settori più colpiti dall’austerità delle amministrazioni, come quelli dei servizi e della cultura.

Accettare le regole di quel gioco, quindi, significa anche legittimarne gli esiti, sia in termini di discriminazione che in termini di svalutazione del lavoro. Perché è il più ricco, non il più bravo o il più talentuoso o il più appassionato etc. quello che non deve pensare al proprio sostentamento, che resisterà sempre un minuto in più degli altri, garantendosi, da un lato, il CV più lungo e, dall’altro, consolidando la validità dell’assunto che in Italia “con la cultura non si mangia”.