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Scrivere il curriculum – la commedia della valutazione in una poesia di Wisława Szymborska

Un mio amico dice che non c’è un modo o una tecnica che facilitino la lettura e il godimento di una poesia, piuttosto ci sarebbe un’età. Ma quando ieri ho letto Scrivere il curriculum di  Wisława Szymborska non ho potuto fare a meno di pensare che, forse, almeno in alcuni casi, si possa tranquillamente sostituire la giusta età con il giusto tempo. E quale migliore periodo, se non quello delle prove INVALSI, potrebbe facilitare il profondo apprezzamento della tristezza che impregna la commedia della valutazione proposta nella poesia?

Il tempo delle prove INVALSI è il tempo del giudizio. Non il giudizio propedeutico alla didattica, quello cioè in cui docente e discente ragionano sul lavoro fatto e quello da fare. Non c’entra nulla con quello. Il giudizio delle prove INVALSI è quello in cui si valuta il lavoro e, come sempre in questi casi, in cui lo si riduce ai soli elementi che possono essere valutati e, ovviamente, confrontati. Non c’è valutazione che si rispetti, infatti, che possa prescindere dalla competizione.  Mi ricordo benissimo il sollievo che provavo quando, preoccupato dalla possibile reazione dei miei a un voto non particolarmente soddisfacente, mi accorgevo che, nonostante tutto, quel voto fosse tra i migliori e che ciò mi avrebbe salvato. Poi chi se ne frega se, nel frattempo, in quella data materia io ero così bravo da poter arrivare al minimo indispensabile senza toccare un libro. O magari i problemi che avrebbe potuto avere il docentein occasione della spiegazione di quel dato tema. Quando conta il risultato a contare è solo quello, anche perché da contare c’è solo quello: nella geografia del merito e del demerito la Storia non ha spazio.

D’altra parte, una #buonaScuola che davvero serva al mercato non ha bisogno di storia o di critica. Deve limitarsi a garantire la distinzione tra i competenti dagli incompetenti1. E lo fa tanto tra i lavoratori di oggi, gli insegnanti, quanto tra quelli di domani, gli studenti, preparandoli già da oggi alla pratica della destoricizzazione della propria vita nel Curriculum Vitae.

Scrivere un curriculum

Che cos’è necessario?

È necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto
è bene che il curriculum sia breve.

È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.

Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.

È la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

Wislawa Szymborska, da Vista con granello di sabbia

1 Come sottolinea Guido Armellini sulla rivista Gli Asini, (rifacendosi alla Raccomandazione Competenze chiave per l’apprendimento permanente, 18 dicembre 2006) «ogni sistema di istruzione è chiamato a offrire a tutti i giovani gli strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello tale che li prepari alla vita adulta e costituisca la base per ulteriori occasioni di apprendimento, come anche per la vita lavorativa. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione. Dato per buono il presupposto, il discorso fila perfettamente: se viviamo nel migliore dei mondi possibili, che cosa possiamo desiderare se non la piena integrazione nelle sue sorti magnifiche e progressive?».