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JoJolly e co: Il lavoro nero si fa grigio (scuro).

Proprio mentre le vertenze e le denunce dei riders iniziano a dare i loro primi frutti, la decontrattualizzazione trova nuove strade, colonizzando sempre più settori: oggi si tratta della ristorazione vera e propria e il tentativo è quello di JoJolly – qui l’intervista al giovane imprenditore di Rozzano (MI).

Retoriche e meccanismi sono quelli già visti altrove: per combattere il lavoro nero, la piattaforma si fa carico di tutte le pratiche relative all’ingaggio di personale occasionale: dal contratto di prestazione d’opera all’assicurazione fino alla paga, che deve avvenire tramite la piattaforma stessa.  Finita la prestazione, arrivederci e grazie. Anzi, arrivederci manco troppo, visto che per evitare che si creino dinamiche che porterebbero alla fuoriuscita dalla piattaforma, i datori di lavoro non vedranno per un certo periodo i profili dei candidati che hanno già avuto modo di conoscere.

Per il resto:

La scelta del lavoratore o della lavoratrice si baserà quindi sul profilo e sul rating basato sui giudizi di altri utenti.
La paga base è di 10 euro, eventuali rialzi sono demandati alla contrattazione tra datore e candidato/a, così come la durata della prestazione, fissata in un minimo di 3 ore.
L'assicurazione c'è, ma non si sa molto altro.
Il datore paga il servizio nella misura del 10% della retribuzione del lavoratore o lavoratrice.

Tutto questo è spiegato in un paio di pagine di regolamento, che non entra in particolari dettagli salvo quelli relativi alle questioni di cui  la piattaforma non può essere ritenuta responsabile. In ogni caso si tratta di una lettura molto più agevole delle 287 pagine del Contratto Collettivo Nazionale per la Ristorazione e il Turismo 2018-2021, dove invece i dettagli non mancano davvero.

Certo, le 285 pagine di scarto potrebbero essere la perfetta misura, metaforica, della semplificazione apportata dell’applicazione. Non di meno, però, possono dare la misura dei diritti persi da chi nei ristoranti (e non solo) ci lavora. Perché la differenza tra il lavoro nero e quello regolare sta proprio in quelle 285 pagine. E va ben oltre le solite questioni di malattia e congedi, che potrebbero interessare meno il lavoratore o la lavoratrice che si impegnano per un paio di sere.

JoJollyVsCCNL

*il diritto di precedenza vale per i lavoratori a tempo determinato e non mi è chiaro se il lavoro extra rientra tra questi – ma, insomma, non è questo il punto.

Ad esempio, la ristorazione è uno di quei pochi settori in cui è ammesso il lavoro extra. Il datore di lavoro può cioè ricorrere a lavoratori e lavoratrici in più per far fronte a situazioni di picco che possono darsi per un breve periodo. Insomma, proprio quelle situazioni che l’app si propone di risolvere – sempre che non immagini un ristorante in cui tutto il personale è occasionale.

Andando a vedere alcune delle questioni che riguardano il lavoro extra – di gran lunga la meno strutturata tra le varie forme previste dal contratto – ci si rende subito conto che il lavoro proposto da JoJolly è molto più simile al lavoro in nero che non al lavoro regolare. Anzi, in realtà, le sole differenze stanno nell’assicurazione sugli infortuni, di cui poi non si sa molto, e nella paga minima di 10 euro. Il lavoro extra regolare, quello previsto e negoziato, è molto diverso.

In primo luogo la paga è maggiore. Per un.a cameriere.a (IV livello) extra, la paga oraria è di14,88 Euro e non 10. Sono di più le ore minime per la prestazione: 4 e non 3. Inoltre non si è costretti a cambiare locale ogni sera, poiché ciascun datore può usare la stessa persona fino a 3 giornate lavorative in una settimana. Favorendo la costruzione di un clima di fiducia, utile anche in virtù delle eventuali assunzioni, visto che il contratto sancisce il diritto di precedenza per chi ha già lavorato con lo stesso datore.

Mi piace sottolineare, infine, che nel contratto si specifica che per la selezione di lavoratori e lavoratrici extra si deve dare priorità a chi non ha un lavoro o a chi riceve sussidi o ammortizzatori. Una cosa molto diversa dal pubblico a cui si rivolge l’app che, sulla carta punta a fornire un lavoretto a chi ha bisogno di guadagni extra, ma che come le altre esperienze simili finirà con l’intrappolare nel meccanismo del lavoretto proprio chi ha bisogno di un lavoro vero e proprio.

Quello che fa più rabbia è poi il periodo che stiamo vivendo. Non solo il settore della ristorazione è uno tra quelli che più sta scontando le chiusure per la riduzione dei contagi, ma è anche uno tra quelli con i più alti tassi di lavoro in nero (il 16,4% come le costruzioni – dati Istat 2020 riferiti al 2018). Un combinato drammatico, se si pensa al potenziale numero di persone che ora si trovano senza lavoro e senza ammortizzatori.

transiziz_ristorazione_20192020

Transizioni 2019-2020 (data source Istat 2020 I sem.)

 

Prendendo i soli dati del primo semestre 2020, si osserva che sebbene l’81,7% abbia mantenuto lo stesso lavoro, il 15,1% di quanti nel primo semestre 2019 lavoravano nella ristorazione hanno perso il lavoro. Si tratta di 169.686 persone. Mentre solo il 2,8% ha avuto modo di cambiarlo. E parliamo del solo primo semestre, dove l’estate potrebbe potrebbe aver salvato qualche testa.

Neppure quello che dalla pandemia dovremmo aver imparato basta a fermare la corsa alla compressione delle tutele di chi lavora. In un mondo più rispettoso delle persone non dovrebbe esserci alcuno spazio per imprese del genere.